La cisti pilonidale è una formazione cistica della regione sacro-coccigea. La cavità può contenere peli (da cui il termine pilonidale, "pili nidus"),materiale purulento, secrezioni sebacee, frammenti di pelle, liquido o materiale semisolido ed altri elementi cellulari.
Etiopatogenesi
Queste cisti si formano in regione sacrale tra lo strato adiposo cutaneo e la fascia muscolare e contengono generalmente agglomerati piliferi. Un tempo questa patologia era chiamata “jeep disease” in quanto ampiamente diffusa tra i militari americani che stavano seduti a lungo sulle jeep willys. Un solco intergluteo particolarmente pronunciato, lavori sedentari, trauma sacrali predispongono alla formazione della lesione.
Spesso può andare incontro ad ascessualizzazione spontanea e a fistolizzazione spontanea, con un tramite che fuoriesce in un orifizio cutaneo posto in posizione mediana o laterale rispetto alla linea interglutea. Abitualmente la malattia, che si manifesta in giovane età in entrambi i sessi ma principalmente ai maschi, va incontro a periodi di acuzie e di quiescenza.
Prima degli anni 80 la cisti pilondale era considerata un teratoma che conteneva all’interni residui embrionali Tuttavia, nel 1980, il chirurgo e ricercatore John Bascom (Eugene, Oregon, USA) sviluppò la tesi che la cisti pilonidale fosse una malattia acquisita. Attualmente si hanno evidenza scientifiche che confermano questa teoria.
Clinica
Il paziente in genere presenta una piccola tumefazione in regione sacro coccigea della quale non si rende conto fino al momento in cui essa va incontro ad una flogosi ascessuale caratterizzata da segni locali: calore, arrossamento, dolore spiccato e tumefazione che diventa sempre più voluminosa e segni generali: febbre, malessere, cefalea. L'ascesso se non drenato chirurgicamente, tende spontaneamente all’autodrenaggio e fistolizzazione con immediato miglioramento delle condizioni locali e di quelle generali. In seguito la patologia tende alla cronicizzazione con formazione di nuovi tramiti fistolosi. Soprattutto in caso di cisti plurirecidive è importante intervenire ed eseguire esame istologico: sono noti rari (circa 60) casi al mondo di degenerazione maligna squamocellulare (uno è stato riportato in questo articolo di cui sono coautore)
Terapia
La terapia è esclusivamente chirurgica sia nella fase di ascessualizzazione che in quella cronica. Tra i vari interventi non si notano grossolane differenze nella percentuale di recidive, che è sempre molto alta (la cisti pilonidale è definita la tomba del chirurgo!)
Gli interventi principali sono:
Exeresi tradizionale con chiusura per prima o seconda intenzione: consiste nell’escissione in blocco di tutta la cisti ed eventuale chiusura a punti staccati (prima intenzione) o lasciandola aperto con zaffo medicato (seconda intenzione). I vantaggi sono una buona efficacia, gli svantaggi discomfort e tempi di ripresa lunghi nella prima intenzione e lunghissimi nella seconda intenzione (oltre tre mesi)
Metodica laser: a mio avviso la più efficace nelle cisti non troppo ramificate. Consiste nell’introduzione di una fibra laser e vaporizzazione della cisti (vedi approfondimento nella sezione laser chirurgia proctologica)
Intervento di Gips: ottimo intervento mininvasivo che consiste in piccole incisioni per asportare la cisti pilonidale. Pronta ripresa delle attività. Può essere usato anche in cisti con multiple ramificazioni.
Intervento di Bascom: prevede un’incisione laterale al solco intergluteo. Per Bascom la priorità nella chirurgia del sinus è quella di “stay out of the ditch” (stai fuori dal solco).
E’ fondamentale che venga scelto l’intervento più opportuno ed è per questo che occorre affidarsi a chirurghi che possano praticare tutte queste metodiche.